L'amniocentesi

Amniocentesi
L’amniocentesi è una tecnica invasiva che si effettua tra la 15° e la 18° settimana di gestazione, finalizzata principalmente alla diagnosi di anomalie cromosomiche o malattie genetiche, ma anche d’ eventuali infezioni contratte dal feto nel corso della gravidanza.

Come si esegue l’amniocentesi
Si procede, previa disinfezione della cute, introducendo un ago sottile attraverso la cute dell’addome materno, attraversando la parete dell’utero e la membrana amniotica (o la placenta) fino a giungere l’interno del sacco amniotico da dove vengono prelevati circa 20 cc di liquido. Nel liquido si trovano le cellule sfaldate dalla cute e dalle mucose del feto.
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Il prelievo viene quindi inviato presso un laboratorio specializzato che allestisce le colture cellulari; crea, cioè, le condizioni adatte per la moltiplicazione delle cellule fetali. E’ solo nella fase di duplicazione cellulare che può essere estratto ed analizzato il materiale genetico contenuto in esse.

Ruolo dell’ecografia
Nel passato l’amniocentesi veniva eseguita alla cieca: si divideva in 4 quadranti l’addome sotto l’ombelico e poi si sceglieva uno dei quadranti e si eseguiva la punzione preferibilmente nei quadranti inferiori. Attualmente l’ecografia è lo strumento di guida per poter effettuare in sicurezza tale procedura. Si esegue preliminarmente il controllo ecografico per valutare la vitalità fetale e la crescita fetale, la presenza d’eventuali anomalie fetali e per il sito di inserzione dell’ago.

Disinfezione del sito di punzione
È fondamentale lavorare in modo asettico usando materiale sterile monouso e disinfettando la cute per garantire la riuscita delle colture e per evitare corioamniotiti cioè infezioni delle membrane e del liquido amniotico.

Inserzione dell’ago:
Dopo aver localizzato una adeguata tasca di liquido amniotico e individuato il punto più opportuno dove inserire l’ago per raggiungere quella tasca, si esegue la marcatura sulla cute dell’addome materno. Sotto guida ecografia, si inserisce l’ago. Esistono due tecniche per farlo:
- con guida attaccata alla sonda ecografica predisposta per il passaggio dell’ago: in questo caso esiste una traiettoria fissa predeterminata, che non consente correzioni e permette di visualizzare il percorso dell’ago fino in cavità.
- a mano libera: l’operatore con una mano tiene la sonda e con l’altra l’ago, dirigendo il fascio ultrasonoro in direzione dell’ago per visualizzarlo per tutta la lunghezza durante l’inserzione. Tale tecnica permette di correggere la traiettoria dell’ago a seguito di contrazioni uterine o movimenti del feto.
Una volta inserito l'ago, l'assistente aspira il liquido amniotico. Normalmente vengono aspirati 20 ml di liquido. Abitualmente il colore del liquido è giallognolo trasparente, mentre a volte è marrone scuro (segno d'un eventuale perdita ematica nel sacco gestazionale avvenuta in precedenza). A volte l'ago passa attraverso la placenta e quindi è possibile avere una contaminazione del liquido amniotico con del sangue placentare. Questo non costituisce un rischio particolare.

Perché e quando sottoporsi al prelievo del liquido amniotico?
Il motivo più frequente è l’età biologica. Il rischio che il feto possa essere portatore di anomalie cromosomiche (classicamente la sindrome di Down o mongolismo, la più conosciuta) aumenta con l’aumentare dell’età materna. Infatti l'ovocita si sviluppa e si blocca alla pubertà per poi progressivamente invecchiare.
L'anomalia è dovuta alla mancata disgiunzione dei cromosomi (es.: 21, 13, 18, XXY o XXX) o è conseguente ad un errore nel corretto appaiamento dei cromosomi (es.: X0) al momento delle prime divisioni cellulari. Più l'errore appare presto (ad esempio alla prima divisione cellulare ossia dopo l'incotro tra lo spermatozoo e l'ovocita) e più severa sarà l'handicap, mentre più l'errore appare tardivamente (ad esempio al sesto giorno dalla fecondazione) e meno severo sarà l'handicap.
A 35 anni il rischio che il bambino possa nascere con una patologia cromosomica è paragonabile al rischio di abortività che comporta l’effettuazione dell’amniocentesi.
Sottoporsi a questo esame, infatti, comporta l’accettazione del rischio di abortire con una probabilità di una volta ogni a seconda degli studi 200 o 300 amniocentesi (1:200 o 1:300). Tuttavia questo rischio è paragonabile al rischio personale di partorire un bambino portatore di patologia cromosomica a partire dai 35 anni. Se è vero che l’età materna costituisce un rischio maggiore di trisomia (ma non solo), nella realtà, la maggior parte dei bambini con patologie cromosomiche nasce da donne sotto i 35 anni:
- infatti le donne che affrontano una gravidanza, sono numericamente preponderanti quelle più giovani di 35 anni. Un età giovane non esclude quindi la possibilità di portare un feto affetto da trisomia (a 20 anni una su 1500 gravidanze). Nascerà si un maggior numero di bambini da donne giovani, e quindi proporzionalmente un maggior numero di potenziali bambini affetti da anomalia cromosomica;
- inoltre le donne di età inferiore ai 35 anni, rassicurate dalla giovane età, non si sottopongono ad esami di screening o diagnostici invasivi come invece fanno le over 35.
Il test di screening del primo trimestre è dedicato a donne giovani e servono appunto a calcolare il rischio personale di anomalia cromosomica del feto e selezionare quelle donne a cui proporre l’amniocentesi. Se facessimo il test a tutte le donne giovani, perderemo più gravidanze sane di quanto ne troviamo di malate. Ecco perché l’amniocentesi non è un gesto che viene proposto a tutte le madri.

Età materna, screening del primo trimestre e amniocentesi.
- Quando l’età della madre è superiore a 35 anni o quando il termine della gravidanza avviene a 35 anni (gravidanza iniziata a 34 anni).
- Quando il test di screening del primo trimestre evidenzia un rischio aumentato (superiore a 1/380) di portare un feto conuna malattia genetica.
- Quando uno o entrambi i partner hanno una anomalia cromosomica che può essere trasmessa al bambino.
- Quando c’è una malattia genetica nella famiglia della madre e/o in quella del partner e c’è il rischio che entrambi siano portatori sani, con la possibilità che la malattia possa essere trasmessa al bambino (ad esempio la fibrosi cistica).
- Quando in una precedente gravidanza si è data la luce ad bambino è affetto da una malattia genetica.
- Perché esiste il dubbio di aver contratto una malattia infettiva durante la gravidanza.
- Quando si vuole accertare, in caso di prematurità, la maturazione polmonare del feto.

Prima dell’amniocentesi
Prima della amniocentesi occorre eseguire degli esami preliminari del gruppo sanguigno e fattore Rh della madre e qualora fosse negativo è bene accertarsi del gruppo sanguigno del padre. Qualora la madre presenti un fattore Rh- ed il padre Rh+ è necessario somministrare la profilassi anti D, dopo aver eseguito il prelievo.

In che periodo si esegue il prelievo (amniocentesi)
- Classicamente si effettua dalla 15° alla 18° settimana di gestazione, ma in realtà può eseguita in qualsiasi momento della gravidanza a partire dalla 15° settimana di gestazione fino al termine.
- Bisogna attendere fino alla 15° settimana di gravidanza primo per poter ottenere cellule fetali in grado di replicarsi e secondo perché esiste una adeguata quantità di liquido amniotico. Questa replicazione permetterà l’esame citogenetico (valutazione dei cromosomi e/o dei geni).
- L’ esecuzione del momento in cui sottoporsi all’amniocentesi dipende da molti fattori (l'età, dall'esito del test del primo trimetre, dalla presenza o meno d'anomalie riscontrate all'esame ecografico, dallo stato psichico della madre, dalla coppia eccetera), ma soprattutto della legislazione in corso nel paese nel quale si trova. La legislazione svizzera è stata recentemente modificata in modo da permettere alle coppie di interrompere la gravidanza in caso di angustia psichica o di gravi anomalie che siano esse associate o no ad un anomalia cromosomica e questo indipendentemente dal termine della gravidanza.

Rischi legati all’amniocentesi
Attraversare la membrana (sacco) amniotica con un ago è ciò che rende l’amniocentesi invasiva e fa si che essa sia una possibile causa di abortività: una volta su trecento amniocentesi si verifica un aborto.
Nel pensiero popolare c’è l’immaginazione che l’ aborto possa succedere perché si è ferito il feto. Bisogna proprio essere alle prime armi affinché questo possa accadere. La problematica non è proprio quella, ma piuttosto che il buchino nella membrana causato dall’ago, non si chiuda più. In questo caso del liquido amniotico continua a fuoruscire dal sacco e giunge in vagina. Questo potrebbe in un secondo tempo portare ad un infezione delle membrane e indurre un aborto prematuro (batteri che dalla vagina risalgono prima il collo e poi l’utero).
Comunque non tutte le gravidanze in cui vi è la rottura del sacco vanno perse. Infatti quando la presunta rottura resta un piccolo buchino vi sono delle buone probabilità di recuperare la gravidanza. In questo contesto la paziente va ricoverata e messa a letto senza possibilità di muoversi.

Ma oltre l’aborto ci sono alcune difficoltà legate all’esito della cultura che è bene conoscere.
- È possibile che la cultura cellulare sia lenta e che l’esito dell’esame venga scandito più tardi dei 10 giorni previsti. Su questo il laboratorio non può fare nulla per accelerare la replicazione cellulare.
- E’ possibile, ad esempio che le cellule amniotiche prelevate, non si moltiplichino in coltura. E’ una evenienza piuttosto rara (circa 1:500 colture), ma che costringe a ripetere il prelievo.
- Un altro motivo di ripetizione del prelievo è il riscontro di mosaicismi. Cioè la presenza contemporanea di cellule normali e di cellule con anomalie cromosomiche. Il citogenetista per avere una idea più precisa sullo stato delle cose potrebbe richiedere di avere altro liquido amniotico.
L’evenienza di un mosaicismo è molto frequente quando si esaminano i villi coriali. In questo caso potrebbe essere attribuibile al solo tessuto placentare. Tale condizione è invece molto poco probabile nelle colture di cellule amniotiche. Il riscontro di un mosaicismo nell’amniocentesi deve di solito essere considerato come mosaicismo fetale certo, dal momento che le cellule sono pressoché esclusivamente fetali e la conferma si ha in oltre l’80% del casi.

Dopo amniocentesi
Il giorno dell'amniocentesi bisogna restare tranquilli il che non vuol dire che bisogna stare a letto. Ci si comporta normalmente senza strafare. Siccome l'ago passa attraverso il muscolo uterino e molto probabile che qualche ora dopo il prelievo e per qualche giorno possa avvertire qualche dolore nel basso ventre che può durare qualche giorno. Questo non deve spaventarla ed è da considerare normale.
Più la persona è ansiosa e più avrà delle ripercussioni sul transito intestinale (colon irritabile) e questo si può tradurre con dei dolori all'addome. Ciò genera maggior ansia che a sua volta stimola il sistema neurovegetativo il quale aumenta gli spasmi della muscolatura intestinale ... e quindi si entra in una spirale pericolosa che genera solo maggior ansia ed inquietudine.
A volte la rottura del sacco appare evidente per l'apparizione di liquido a livello vaginale. In questo caso si parla di rottura franca del sancco ed in questo contesto il recupero dopo il ricovero si rileva molto più arduo. A volte la rottura è "alta" nel senso che dal buchino dove è passato l'ago fuoriesce del liquido in piccola quantità. Questo tipo di rottura è impercettibile.
Una a due settimane dopo l'amniocentesi si esegue il primo controllo per accertarsi dell'evolutività fetale e della presenza del liquido amniotico. Una volta accertata la normalità, non vi è più alcuna ragione di pensare che l'amniocentesi possa interferire con la gravidanza. Se una rottura del sacco avviene più tardivamente l'amniocentesi non è più implicata nel processo in corso (vi saranno altre cause).

Esito dell’esame
Grazie ad una tecnica chiamata QF-PCR è possibile ottenere una risposta rapida (24/48 ore) sulle anomalie cromosomiche più comuni (trisomie 13 [sindrome di Patau], 18 [sindrome di Edwards], 21 [sindrome di Down], XXX [sindrome di Warkany], XXY [sindrome di kleinefelter], X0 [sindrome di Turner]), anche se i relativi risultati sono solo parziali (ma attendibili e precisi) e comunque saranno assecondati dall’esito della cultura cellulare.
In genere per ottenere una risposta sono necessari circa 10 giorni: è il tempo minimo necessario per la crescita delle cellule “in vitro” ed interpretarle.
Come detto sopra,l tempo di sviluppo delle colture varia da caso a caso ed è legato a vari fattori tra cui anche la contaminazione del campione di liquido amniotico.
Eccezionalmente le colture non si sviluppano: tale inconveniente si verifica con una incidenza dello 0,2-1% , comporta la necessità di ripetere il prelievo con il relativo rischio di aborto, che si ripropone per la seconda volta e un allungamento dei tempi necessari per produrre il referto.

Limiti dell’esame: l’amniocentesi non è tutto!
La ricerca del cariotipo tradizionale è legato essenzialmente all’età e all’esito del test del primo trimestre. Pur mettendo in evidenza le principali anomalie cromosomiche presenta dei limiti. Troppo spesso si è erroneamente convinti che l’amniocentesi escluda tutte le malattie genetiche. Le uniche malattie genetiche che si possono escludere sono quelle che sono state ricercate prima della gravidanza e dove i genitori sono portatori. Mi spiego. Una delle malattie genetica più diffuse è la mucoviscidosi o fibrosi cistica. Un essere umano su 20 è portatore. Se il padre e la madre sono portatori sani il rischio d’avere un bambino con una mucoviscidosi è del 25%. Pur essendo la malattia genetica più frequente nella popolazione (uomini e donne) questa non viene ricercata sistematicamente (approfondisci la tematica). Inoltre le malattie genetiche sono all’incirca 6000 a 7000 e ci possiamo facilemnte rendere conto che non basterebbe tutto il liquido amniotico prodotto in una gravidanza per escluderle tutte le malattie genetiche conosciute. Evidentemente quelle non conosciute non si potranno ricercare.
Quindi con l’amniocentesi si indaga essenzialmente su quelle forme patologiche che interessano il numero e l’aspetto grossolano dei cromosomi. Nulla si potrà sapere su un elevato numero (sebbene rare) di piccole alterazioni dei cromosomi (microdelezioni o microduplicazioni) che il più delle volte sfuggono alla diagnosi.
Infine un esito normale dell’amniocentesi non esclude la possibilità d’anomalie morfologiche fetali di rilievo del cuore, del sistema nervoso centrale, dei reni etc. incompatibili con la vita.

Dall’amniocentesi all’interruzione della gravidanza
Si dice dell’amniocentesi che è un esame tardivo e nel caso di positività vi è la possibilità d’interrompere la gravidanza provocando le contrazioni uterine. La villocentesi è più precoce e quindi si può eseguire un interruzione di gravidanza precoce, con un semplice intervento chirurgico.
Da un lato l’amniocentesi è più precisa della villocentesi in quanto non sempre i villi coriali rappresentano il feto, contrariamente agli amniociti che provengono esclusivamente dal feto. Infatti a volte la villocentesi deve essere confermata con un amniocentesi (doppio rischio). L’abortività della villocentesi è superiore a quella dell’amniocentesi. Se in passato la villocentesi aveva il vantaggio di ricevere l’esito nelle 48 ore, oggi anche l’amniocentesi può usufruire della stessa tecnica e della stessa tempistica (48 ore).Entrambe andranno verso la cultura. In passato l’esito finale dell’amniocentesi veniva comunicato dopo 3 settimane, mentre oggi la cultura impiega lo stesso tempo della villocentesi ossia 10 giorni.
Un altro vantaggio dell’amniocentesi è il dosaggio diretto dell’alfafetoproteina nel liquido amniotico, altro marcatore di malformazione del tubo neurale e del sistema digestivo. Oggi con l’arrivo di medicamenti estremamente efficaci l’interruzione della gravidanza è semplice per entrambi i metodi utilizzati. Quindi dal punto di vista fisico, il problema può essere risolto in breve tempo per entrambe le tecniche.
Qualunque sia tecnica utilizzata per interromperla, gli studi hanno dimostrato che non cambia nulla dal profilo psichico poiché il processo del lutto è identico. Ingenuamente si potrebbe pensare che interrompendo la gravidanza precocemente tramite intervento chirurgico (non si vede nulla) il lutto di una gravidanza non andata a buon fine sia migliore. Nella realtà il tempo impiegato per interromperla o la tecnica non influiscono in alcun modo sul percorso che ogni coppia confrontata sfortunatamente con questo evento dovrà affrontare. Ogni gravidanza non andata a buon fine è una ferità narcisistica che dovrà essere curata e rimarginata.

Dall'interruzione di gravidanza al sostegno psicologico
Ogni coppia che si sottoporrà all'interruzione terapeutica della gravidanza verrà vivamente consigliato un sostegno psicologico (competente nel campo in questione) e che aiuti ad affrontare il lutto. Non solo il lutto è importante, ma sarà necessario chiudere il capitolo con la storia di questa gravidanza che è unica ed irripetibile. Non si procederà quindi, se il processo è fatto correttamente, ad un gravidanza di rimpiazzo. Sostituire quel bambino che non c'è stato con una gravidanza di "riparazione". Ne soffrirebbe tanto il bambino nel suo sviluppo a lungo e a corto termine. Un evento di questo tipo potrebbe essere l'inizio d'incomprensioni all'interno della coppia. Non tutti viviamo il lutto allo stesso modo. Quindi lasciatevi aiutare in questo momento di sconforto.

 

 

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