Il cariotipo tradizionale

L’obiettivo principale diagnosi prenatale è rappresentata dallo studio del corredo cromosomico fetale mediante l’analisi del cariotipo, al fine di evidenziare la presenza di eventuali alterazioni cromosomiche, sia numeriche (quali trisomia, monosomie e presenza di un marcatore), che strutturali (traslocazioni, delezioni ed inversioni).

Le malattie provocate dalle anomalie cromosomiche sono tra le più importanti cause di abortivi da, di morte fetale o malformazioni congenite.

L’associazione a tutti nota tra età materna avanzata e rischio di non disgiunzione cromosomica è ben documentata e i dati epidemiologici riguardano non solo la trisomia 21 o sindrome di Down, la più frequente anomalia cromosomica riscontrabile alla nascita, ma anche le aneuploidie a carico del cromosoma 18 (trisomia 18 o sindrome di Edwards), 13 (trisomia 13 o sindrome di Patau), e dei cromosomi sessuali (X e Y), quali la sindrome di Turner, o monosomia X e la sindrome di Klinefelter, dovuta alla presenza di un cromosoma X in più nei maschi.

Per la determinazione del cariotipo con tecnica tradizionale è necessaria la coltura delle cellule fetali, ricavate dal liquido amniotico o dai vigili cordiali, e la successiva valutazione dell’assetto cromosomico tramite l’analisi al microscopio dei cromosomi in metafase.

Le colture cellulari, necessarie per lo sviluppo delle colonie di cellule fetali, purtroppo, implicano tempi di attesa che si aggirano intorno ai 15-20 giorni. È possibile ottenere una risposta rapida (in sole 24/48 ore) sulle aneuploidie cromosomiche più comuni (cromosomi 13, 18.21, X e Y), mediante una tecnica molecolare avanzata di amplificazione genica denominata Quantitative Fluorescent – Polimerase Chain Reaction (QF-PCR).

Tali risultati, tuttavia, sono parziali e comunque necessitano di una conferma dal cariotipo.

Nel caso di cariotipo da villi coriali, oltre la coltura cellulare, si utilizza anche il metodo di analisi cromosomica cosiddetto “diretto”, con il quale si esaminano le divisioni spontanee delle cellule (che si possono tenere più rapidamente rispetto alle cellule in coltura), riuscendo così a fornire dei risultati preliminari entro 48-72 ore, che comunque devono essere confermati dal cariotipo ottenuto dalla cultura prolungata.

Nel caso di cariotipo dal liquido amniotico, una parte del campione, utilizzata per il dosaggio dell’Alfa feto proteina (AFP), sostanza prodotta dal feto che risulta elevata in presenza di alcune anomalie fetali quali, ad esempio, la spina bifida (malformazione della colonna vertebrale) e l’onfalocele (malformazione dell’addome).

Il riscontro di alte concentrazioni di AFP nel liquido amniotico è indicativo unicamente della necessità di eseguire un attento esame ecografico della morfologia fetale.

La città genetica tradizionale, pur utilissima nell’individuare un gran numero di anomalie cromosomiche, numeriche e strutturali, è necessariamente limitata nelle sue possibilità diagnostiche da difficoltà tecniche e dal potere di risoluzione del microscopio.

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