Sreening mammografico cantonale

Tutto quello che dovreste sapere prima di sottoporvi all'esame

Vantaggi, dubbi e pericoli della mammografia preventiva.

La validità della mammografia di screening è soggetta a controversia. Questo è il motivo per il quale dovete valutare le informazioni che mettono in evidenza i benefici, i possibili danni, le controversie che ancora esistono nella comunità medico scientifica. Poi dovete bilanciare il tutto per decidere consapevolmente se sottoporvi o meno allo screening mammografico.

Alcuni specialisti del ramo sostengono che lo screening mammografico avrebbe un beneficio minimo e quindi non porterebbe ad alcun beneficio come prevenzione secondaria (significa trovare il tumore ad uno stadio precoce) e quindi è anche lecito domandarsi: stiamo sperperando soldi pubblici che avrebbero potuto coprire altre necessità più importanti.

La prevenzione secondaria tramite lo screening mammografico permette di ridurre la mortalità legata al cancro al seno?

In Ticino, i responsabili dello screening sostengono che, su 1000 donne seguite nell’arco di 10 anni tramite lo screening mammografico, si diagnosticano: 24 tumori al seno, 200 falsi positivi (sembra che abbiano qualche cosa, ma dopo biopsie non si conferma il sospetto mammografico), 4 sovra diagnosi (ossia tumori che non avrebbero mai dato problemi, lo screening li trova e trasforma le donne “senza ragione” in pazienti oncologiche) e avremmo salvato la vita ad una donna.

Altri studi però sostengono che sono molte di più le sovradiagnosi: 24 tumori, 200 falsi positivi, 7 sovra diagnosi (Cochrane) o addirittura 12 (New England Journal of Medecine, la più prestigiosa rivista medica al mondo) e avremmo salvato la vita ad una donna. Sulla sovra diagnosi non vi è quindi unanimità.

999 donne su 1000 non avranno alcun beneficio in termini di mortalità evitata. E quell’una su 1000 che si salva? Molte ricerche sostengono che sia solo mezza. Altri studi concludono che lo screening mammografico non ne salverebbe nessuna. Anche sulla riduzione della mortalità non vi è unanimità fra i ricercatori.

Eppure, il cantone sostiene che la mammografia migliora le probabilità di sopravvivenza. Ma sarà vero? 

Vediamo i dati un po' da vicino.  Supponiamo che una donna morirà di tumore al seno a 70 anni e che se ne accorga a 65, quando avrà dei sintomi. In questo contesto la sopravvivenza è di 5 anni.

Supponiamo invece che la stessa donna morirà a settant’anni, ma che se ne accorge a sessant’anni attraverso un programma di screening. In questo caso parrebbe che la sua sopravvivenza sia aumentata. Perché il tempo che passa da 60 a 70 anni di 10 anni. 

Attenzione l’età al momento del decesso non è cambiata, ma è solo stata anticipata la diagnosi e dando l’impressione (per il profano in statistiche)  che la vita sia più lunga. Sembra che la vita sia più lunga, ma in realtà quella donna ha trascorso 10 anni da paziente oncologica contro i 5 (se avesse aspettato i sintomi). 

Ma ci sono altri numeri per misurare l’efficacia dello screening? 

Si quelli sulla mortalità. Se noi consideriamo il grafico del Canton VD dove esiste un programma di screening da vent’anni si nota che c’è stata una riduzione dei tassi di mortalità. Quindi meno donne sono morte di tumore al seno. Se tuttavia sovrapponiamo questo dato a quello del cantone Zurigo, dove lo screening mammografico non esiste, ci accorgiamo che la differenza è minima. Differenza minima, che il margine di errore statistico tende ad annullare (in parole povere non c’è nessuna differenza nelle curve di mortalità). Le donne muoiono allo stesso momento che abbiano partecipato o no ad uno screening mammografico.

Insomma, una sfida tra rischi sicuri e benefici incerti. E allora come informare correttamente le donne su un tema così complesso? L’utilità di un programma di screening mammografico è universalmente riconosciuta da medici e ricercatori? 

La risposta corretta è no. Non è ancora una pratica che raccoglie l’opinione favorevole di tutte le persone che se ne occupano. Tuttavia, i programmi di screening sono in corso in vari paesi, ma tutta la comunità scientifica continuano a monitorarli raccogliendo dati statistici importanti (perché è solo così che la medicina può andare in avanti), nel senso che attendono l’esito dei dati raccolti a lungo termine per sapere se vi è un reale abbassamento della mortalità.

Una mammografia di screening positiva indica per certo un tumore al seno? 

La risposta corretta è no. 

Partecipare al programma di screening vuol dire eseguire una prevenzione secondaria per il cancro al seno? 

La risposta corretta è sì. Viene chiamata prevenzione secondaria ad esempio il sottoporsi ad un esame diagnostico che possa individuare una malattia prima ancora che si manifesti attraverso dei sintomi. Mentre la prevenzione primaria significa effettuare un gesto o evitare quel comportamento che faciliterebbe l’insorgere di un tumore o di una malattia. Ne sono un esempio la vaccinazione contro il papilloma virus e il non fumare. È ben chiaro che alla luce delle conoscenze attuali, per il tumore al seno non esiste una prevenzione primaria.

Prevenire è meglio che curare?

Una massima popolare antica e saggia, che la medicina moderna prende spesso a prestito. Non c’è ombra di dubbio che prevenire è meglio che riuscire, tuttavia questo non significa necessariamente vivere più a lungo.

I nostri comportamenti possono influire sulla qualità della vostra vita e sulle nostre malattie. Ne sono un limpido esempio la sedentarietà, l’obesità, il tipo di lavoro che svolgiamo, se svolgiamo un lavoro serale (turni di notte), la gestione delle emozioni, la gestione della sessualità, l’alimentazione, l’alcol, il tabacco, le droghe e tutti gli abusi in senso largo...

Anticipare la diagnosi, significa sempre vivere più a lungo?

Sicuramente per la maggior parte delle persone questo non è vero e vari studi lo attestano. Purtroppo, al momento attuale delle nostre conoscenze non siamo ancora in grado di individuare quelle persone che dallo screening possano trarre dei vantaggi sicuri in termini di sopravvivenza. Il tema è alla base molto complesso per chi non ha l’abitudine a trattare i dati statistici in medicina e certe ricerche sarebbero giudicate poco etiche se venissero proposte. 

Da sempre tutti gli esperti sono concordi nel sostenere che lo screening mammografico, ma forse sarebbe meglio dire gli screening in generale, comportano dei rischi, che le persone devono conoscere. Ma come si fa a prendere una decisione così importante se non si hanno le conoscenze in senologia? E per le donne invitate a partecipare allo screening mammografico organizzato, le informazioni ricevute dal Cantone o dai medici permettono di compiere una scelta consapevole?

Nell’opuscoletto distribuito dal Cantone sta scritto: “la decisione di partecipare al programma di screening mammografico deve essere “libera e consapevole””.

Se già i medici sono in disaccordo tra loro è molto difficile fare una scelta consapevole. Il medico potrebbe avere tendenza ad influire sulla decisione della paziente in base alla sua personale opinione e convinzione. Pensare che il medico debba essere una persona al di sopra delle parti è un’eresia che solo i giornalisti continuano non solo a credere, ma soprattutto a divulgare. Non solo i media seminano una “giusta” zizania fomentando inutili polemiche, ma in più fanno apparire la comunità medica, favorevole allo screening come senza scrupoli e animata da meri interessi economici. Come se gli specialisti non si ponessero più le giuste domande e fosse abbagliata esclusivamente dal profitto. Questa credenza diffusa deve essere smentita in quanto non corrisponde alla realtà. “A bon entendeur…”! Ne è una prova il fatto che vi siano medici favorevoli allo screening e medici contrari.

Medici che non dicono tutta la verità?

L’arte del giornalismo contemporaneo: discreditare invece di riunire, cercare consensi e capire quali sono le reali difficoltà. Coltivare la cultura del dubbio, dell’insicurezza in modo tale che qualsiasi decisione si prenda il dubbio la fa da padrona. Coltivare la cultura che l’altro, in questo caso il medico e la medicina in generale, ti nasconda deliberatamente qualche cosa. Certo è, che questi programmi, non sono lì per informare, ma per fare polemica e per farlo il fine giustifica i mezzi. In fin dei conti per i media ciò che conta non è solo informare, ma soprattutto quello che è importante sono il numero di clic, like o indici di gradimento, che ottengono. Più sei polemico e più ne ottieni. Più ne ottieni e più avrai la possibilità (visto l’introito economico che porta) di mantenere il programma o il posto di lavoro.

Ma cosa fare dei casi di sovra diagnosi?

Le donne che ricevono un over diagnosi e quindi un over trattamento possono subire gli effetti della tossicità delle cure e possono portare più in avanti nella vita ad una morte prematura. Non vogliamo spaventare le persone, ma la radioterapia al petto aumenta il rischio di malattia cardiovascolare. Ci sono dei casi rarissimi dove è il trattamento a contribuire alla mortalità.  La sovra diagnosi ha a che vedere con i tumori in situ. Ossia quei pre-tumori che in alcuni casi possono rimanere nel seno senza dare problemi per tutto il resto della vita.  È un punto cruciale dello screening ed è uno delle controversie. Il problema è che noi non sappiamo, al momento attuale, quali sono quelle donne che tirano o no un benefico. È questo che crea un sovra trattamento. In assenza di dati certi si pensa che trattare sia meglio che dall’astenersi, nella speranza e nell’intuizione che la paziente possa trarne beneficio.

Noi sappiamo che almeno la metà delle sovra diagnosi non si svilupperanno un tumore invasivo.  Per alcuni ricercatori non è soltanto il fatto che sono sovra diagnosticati. Infatti c’è un aumento enorme dei DCIS (cosiddetti tumori in sito e quindi si differenziano dai tumori invasivi). Inoltre, anche alcuni dei cancri invasivi sono sovra diagnosticati.

La radioterapia che farebbe seguito ad uno screening è innocua?

Alcuni autori sostengono che la radioterapia al giorno d’oggi, non è quasi mai e più associata ad una tossicità cardiologica mentre altri autori sostengono che non sia vero che la radioterapia moderna è completamente sicura. Tutti gli ultimi dati dimostrano ancora che le radiazioni sulle arterie mammarie possono causare più avanti lesioni carcinomatose. 

Riduzione si o riduzione no della mortalità?

Secondo lo screening cantonale la diagnosi precoce è associata ad una riduzione della mortalità. In effetti gli studi che sono stati condotti recentemente negli Stati Uniti fanno vedere che per diminuire la mortalità sono la diagnosi precoce e migliori trattamenti. La diagnosi precoce da sola o i trattamenti migliori da soli non comportano una diminuzione della mortalità. Ci vogliono entrambe le cose.  Mentre altri autori sostengono che non è vero e parlano di mortalità causata da tutte le cause. Per loro lo screening non ha un impatto sulla mortalità causata da tutti i fattori. E questo va sottolineato, forse riduce una certa mortalità specifica per chi muore di tumore al seno, ma per ogni tumore al seno evitabile c’è la morte per un altro motivo. Detto in altre parole che è vero che una donna potrebbe vedere la sua mortalità ridotta, ma contemporaneamente altre donne trattate, il trattamento prodigato le farebbe correre un rischio responsabile del suo decesso. Quindi alla fine è un gioco che si annulla. Chiedono di vedere dei dati che dimostrano che la mortalità in generale è influenzata dallo screening e sostengono che questi dati non gli hanno mai visti fino ad oggi. Su questo c’è molto la controversia.

Quali altri vantaggi avrebbe lo screening mammografico secondo i responsabili del Cantone Ticino?

Secondo i responsabili lo screening cantonale ha due altri vantaggi.

Da una parte e aumenta la capacità dei radiologi di leggere le mammografie per la doppia lettura, per il numero di mammografie che devono fare che per un cantone come il nostro è molto importante. E questo si riflette su una migliore diagnosi anche per le fasce di età che sono al di fuori dello screening. Altri autori non piace proprio l’idea di utilizzare le donne per aiutare ad addestrare i radiologi, per loro questo argomento è inaccettabile. Tuttavia, per diminuire le sovra diagnosi è meglio avere dei radiologi addestrati che lo si voglia o no.

Dall’altra una diagnosi precoce comporta meno trattamenti invasivi. Chirurgia mininvasiva, una radioterapia parziale della mammella, cure meno invasive hanno un impatto sulle donne, sui costi della salute e sulla qualità di vita. Altri autori non sono d’accordo e dicono che non è vero. Infatti, guardando tutti gli studi clinici odierni si nota che il numero d’interventi di mastectomia è in aumento.

Ma perché una donna che scopre prima un’anomalia non deve essere avvantaggiata? 

Molte persone sostengono che togliendo il tumore prima, le fa sentire più sicure, guarite. Perché io elimino il tumore, lo tolgo e quindi sono sicura. Secondo alcuni autori il concetto di diagnosi precoce ha frenato la progressione delle conoscenze e dei trattamenti per quarant’anni, perché è un mantra che non ha senso. Che cosa vuol dire diagnosi precoce? Il cancro è molto più complicato di così, il cancro non si muove in modo lineare come un orologio, come su un calendario dove si può decidere. Il cancro è una sfida biologica, i cancri piccoli che si trovano con lo screening sono cancri benigni che non ti uccideranno mentre quelli che ti uccidono sono quelli che si verificano tra uno screening dell’altro.

Ma quindi lo screening è inutile?

Secondo alcuni autori, per la salute delle donne e le donne valgono di più dello screening per il cancro al seno. Noi spendiamo una fortuna per lo screening mammografico. Alcuni autori preferirebbero utilizzare questi fondi per la salute delle donne in altri modi. Loro sono interessati alla totalità della salute delle donne e tutti i fondi che vanno nello screening mammografico è per loro sottratto ad altri settori. 

Ma anche se è una su 1000 trarne un vantaggio? Per una mortalità evitata uno può pensare che se fosse un suo parente vale la pena investire quei soldi. Giusto?

Uno dei padri dello screening risponde così: “La vita di una donna vale molto di più dei rubini. È la Bibbia che lo dice. Non si può dare un valore alla vita di una donna, è un valore infinito. Include che anche mia madre aveva un valore infinito per me. Non bisogna dare un valore ad una vita su mille su 10 anni. Questo è per l’altro una stima molto ottimista. Il fatto è che possiamo investire nel migliorare la salute, l’aspettativa di vita delle donne e migliorare la qualità della loro vita piuttosto che investire quel denaro nello screening. 

Speranze per il futuro?

La speranza è che la medicina con la diagnosi precoce e con le ricerche che seguiranno possano portare prove sulla fondatezza di tali ipotesi allora si riuscirà a fare dei trattamenti meno invasivi. Nel caso contrario utile interrompere lo screening e utilizzare questi fondi per la salute delle donne (ad esempio sulla violenza fatte alle donne). Questo ha a che fare con il migliorare la qualità di vita delle donne. Da notare però che la prima causa di morte nelle donne non è il cancro seno, ma sono le malattie cardiovascolari. Tuttavia, nell’ambito dei tumori del seno è la malattia che uccide di più. 

E l’autopalpazione del seno tanto vantata?

L’autopalpazione non è una diagnosi precoce, è in uno stadio ovviamente successivo a quello dello screening. Anche quella è prevenzione secondaria, ma certamente meno efficace dell’ecografia, della mammografia, della risonanza magnetica. Utile eseguirla se ciò non costituisce uno stress emotivo ogni qualvolta lo si esegue. L’impatto sulla mortalità è comunque esiguo per gli stessi motivi sopra riportati.

Conclusione 

In definitiva utile cambiare il paradigma sulla medicina (in senso generale) e smettere di pensare che la medicina sia bianco o nero. Nella medicina c’è molto grigio. E la sovra diagnosi di tumori in sito, tumori piccoli che ti uccidono e i tumori grandi che non ti uccidono fanno parte del grigio e nel grigio c’è molta incertezza. Da qui nascono attitudini diverse perché la medicina non è una scienza esatta ed ogni medico porta con sé il suo proprio bagaglio culturale. Ogni medico è diverso dall’altro, così come nella vita. La medicina non deve mettere sotto tutela le donne, ma deve semplicemente metterle in grado di prendere una decisione libera e consapevole. 

 

 

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